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La Parola di Dio fonte del dialogo tra cristiani ed ebrei

Sinodo dei Vescovi. XII assemblea generale ordinaria. Instrumentum laboris
Vaticano (2008/05/11)

 

55. Una peculiare attenzione va data alle relazioni con il popolo ebraico. Cristiani ed ebrei sono insieme figli di Abramo, radicati nella stessa alleanza, giacché Dio, fedele alle sue promesse, non ha revocato la prima alleanza (cf. Rm 9, 4; 11, 29)(99). Conferma il Papa Giovanni Paolo II: «Questo popolo è invitato e guidato da Dio, Creatore del cielo e della terra. La sua esistenza non è dunque un puro fatto di natura o di cultura, nel senso in cui, attraverso la cultura, l’uomo utilizza le risorse della propria natura. Si tratta bensì di un fatto soprannaturale. Questo popolo persevera a dispetto di tutti perché è il popolo dell’Alleanza e perché, nonostante le infedeltà degli uomini, il Signore è fedele alla sua Alleanza»(100).

Cristiani ed ebrei condividono tanta parte del canone biblico, quelle “Sacre Scritture” (cf. Rm 1, 2) dai cristiani chiamate Antico Testamento. Questa stretta relazione biblicamente fondata dà al dialogo tra cristiani ed ebrei un carattere singolare. A riguardo l’importante documento della Pontificia Commissione Biblica: Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana(101) induce a riflettere sulla stretta connessione di fede, già segnalata dalla Dei Verbum (cf. DV 14-16). Per comprendere in modo più adeguato la persona stessa di Gesù di Nazaret è necessario riconoscerlo come «figlio di questo popolo»(102), Gesù è ebreo e lo è per sempre.

Due aspetti poi vanno in particolare considerati. In primo luogo, la comprensione ebraica della Bibbia può essere di aiuto alla comprensione e allo studio di essa da parte dei cristiani(103). A volte si sono sviluppati – e si possono sviluppare ulteriormente – modi di studiare le Sacre Scritture insieme agli ebrei e di imparare gli uni dagli altri, pur nel rigoroso rispetto delle diversità. In secondo luogo, è doveroso il superamento di ogni possibile forma di antisemitismo. Lo stesso Concilio Vaticano II ha sottolineato che gli ebrei «non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura» (NA 4). Al contrario, sulla scia di Abramo possiamo e dobbiamo diventare fonte di benedizione gli uni per gli altri e per il mondo, come a più riprese è stato sottolineato dal Papa Giovanni Paolo II(104).
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(99) Cf. Ioannes Paulus II, Allocutio Mogontiaci ad Iudaeos habita Veteris Testamenti Haereditas ad pacem et iustitiam fovendas trahit (Mainz, 17.11.1980): AAS 73 (1981) 78-82.
(100) Ioannes Paulus II, Ai partecipanti all’incontro di studio su Radici dell’antigiudaismo in ambiente cristiano (31.10.1997), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 20/2, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, p. 725.
(101) Cf. Pontificia Commissio Biblica, Le peuple juif et ses Saintes Écritures dans la Bible chrétienne (24.5.2001): Enchiridion Vaticanum 20, EDB, Bologna 2004, pp. 506-834.
(102) Ibidem, 2, p. 524; cf. Ratzinger J., Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, pp. 127ss.
(103) Cf. Pontificia Commissio Biblica, Le peuple juif et ses Saintes Écritures dans la Bible chrétienne (24.5.2001), 22: Enchiridion Vaticanum 20, EDB, Bologna 2004, pp. 584-586.
(104) Cf. Ioannes Paulus II, Messaggio agli Ebrei polacchi in occasione del 50º Anniversario dell’insurrezione (6.4.1993): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 16/1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993, p. 830: «Come cristiani ed ebrei, seguendo l’esempio della fede di Abramo, siamo chiamati ad essere una benedizione per il mondo. Questo è il compito comune che ci attende. È dunque necessario per noi, cristiani ed ebrei, essere prima una benedizione l’uno per l’altro».

 

 

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