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Considerazioni sulla guerra mondiale e sul rinnovamento della società - Estratto dal radiomessaggio del 24 dicembre 1942

Pio XII, Papa (Pacelli, Eugenio) 1876-1958
Vaticano (1942/12/24)

 

Diletti figli! Voglia Dio che, mentre la Nostra voce arriva al vostro orecchio, il vostro cuore sia profondamente scosso e commosso dalla serietà profonda, dall'ardente sollecitudine, dalla scongiurante insistenza, con cui Noi vi inculchiamo questi pensieri, che vogliono essere un appello alla coscienza universale e un grido di raccolta per tutti quelli che sono pronti a ponderare e misurare la grandezza della loro missione e responsabilità dalla vastità della sciagura universale.
Gran parte della umanità, e, non rifuggiamo dall'affermarlo, anche non pochi di coloro che si chiamano cristiani, entrano in certa guisa nella responsabilità collettiva dello sviluppo erroneo, dei danni e della mancanza di altezza morale della società odierna.
Questa guerra mondiale, e tutto ciò che le si connette, si tratti dei precedenti remoti o prossimi, o dei suoi procedimenti ed effetti materiali, giuridici e morali, che altro rappresenta se non lo sfacelo, inaspettato forse agl'inconsiderati, ma intuito e deprecato da coloro i quali penetravano a fondo col loro sguardo in un ordine sociale, che dietro l'ingannevole volto o la maschera di formole convenzionali nascondeva la sua debolezza fatale e il suo sfrenato istinto di guadagno e di potere?
Ciò che in tempi di pace giaceva compresso, al rompere della guerra scoppiò in una trista serie di azioni, contrastanti con lo spirito umano e cristiano. Le convenzioni internazionali per rendere meno disumana la guerra, limitandola ai combattenti, per regolare le norme dell'occupazione e della prigionia dei vinti, rimasero lettera morta in vari luoghi; e chi mai vede la fine di questo progressivo peggioramento?
Vogliono forse i popoli assistere inerti a così disastroso progresso? o non debbono piuttosto, sulle rovine di un ordinamento sociale, che ha dato prova così tragica della sua inettitudine al bene del popolo, riunirsi i cuori di tutti i magnanimi e gli onesti nel voto solenne di non darsi riposo, finché in tutti i popoli e le nazioni della terra divenga legione la schiera di coloro, che, decisi a ricondurre la società all'incrollabile centro di gravitazione della legge divina, anelano al servizio della persona e della sua comunanza nobilitata in Dio?
Questo voto l'umanità lo deve agl'innumerevoli morti, che giacciono sepolti nei campi di guerra: il sacrificio della loro vita nel compimento del loro dovere è l'olocausto per un nuovo migliore ordine sociale.
Questo voto l'umanità lo deve all'infinita dolente schiera di madri, di vedove e di orfani, che si son veduti strappare la luce, il conforto e il sostegno della loro vita.
Questo voto l'umanità lo deve a quegl'innumerevoli esuli che l'uragano della guerra ha spiantati dalla loro patria e dispersi in terra straniera; i quali potrebbero far lamento col Profeta: «Hereditas nostra versa est ad alienos, domus nostrae ad extraneos» (Ier, Lam. 5,2).
Questo voto l'umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento.
Questo voto l'umanità lo deve alle molte migliaia di non combattenti, donne, bambini, infermi e vecchi, a cui la guerra aerea, - i cui orrori Noi già fin dall'inizio più volte denunziammo, - senza discernimento o con insufficiente esame, ha tolto vita, beni, salute, case, luoghi di carità e di preghiera.
Questo voto l'umanità lo deve alla fiumana di lagrime e amarezze, al cumulo di dolori e tormenti, che procedono dalla rovina micidiale dell'immane conflitto e scongiurano il cielo, invocando la discesa dello Spirito, che liberi il mondo dal dilagare della violenza e del terrore.

 

 

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