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Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI alla comunità ebraica in occasione della festa di Pesah
Benedetto XVI, Papa (Ratzinger, Joseph) 1927-
États-Unis (2008/04/17)
La visita negli Stati Uniti mi offre l’occasione per estendere un caloroso e cordiale saluto ai miei fratelli e sorelle ebrei in questo Paese e in tutto il mondo. Un saluto che è tanto più spiritualmente intenso a motivo dell’avvicinarsi della grande festa di Pesah. “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne” (Esodo 12,14). Anche se la celebrazione cristiana della Pasqua differisce in vari aspetti dalla vostra celebrazione di Pesah, noi la comprendiamo e sperimentiamo in continuità con la narrazione biblica delle grandi opere che il Signore ha compiuto per il suo popolo.
In occasione della vostra più solenne celebrazione, mi sento a voi particolarmente vicino, proprio per ciò che “Nostra Aetate” invita i Cristiani a ricordare sempre: che cioè la Chiesa “ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento tramite quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia si è degnato di stringere l’Antica Alleanza e che si nutre dalla radice del buon ulivo su cui sono stati innestati i rami dell’oleastro dei Gentili” (n. 4). Nel rivolgermi a voi, desidero riaffermare l’insegnamento del Concilio Vaticano II sulle relazioni cattolico-ebraiche e reiterare l’impegno della Chiesa per il dialogo che nei trascorsi quarant’anni ha cambiato in modo fondamentale e migliorato i nostri rapporti.
A motivo di questa crescita nella fiducia e nell’amicizia, Cristiani ed Ebrei possono insieme sperimentare nella gioia il carattere profondamente spirituale della Pasqua, un memoriale di libertà e di redenzione. Ogni anno, quando ascoltiamo la storia della Pasqua noi ritorniamo alla notte benedetta della liberazione. Questo tempo santo dell’anno dovrebbe essere un richiamo per entrambe le comunità a perseguire la giustizia, la misericordia, la solidarietà verso lo straniero, la vedova e l’orfano, come comandò Mosè: “Ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore tuo Dio; perciò ti comando di fare questa cosa” (Deuteronomio 24, 18).
Al Sèder della Pasqua voi richiamate i santi patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e le sante donne di Israele, Sara, Rebecca, Rachele e Lia, l’inizio della lunga generazione di figli e figlie dell’Alleanza. Con il passare del tempo l’Alleanza assume un valore sempre più universale, quando la promessa fatta ad Abramo prende forma: “Io ti benedirò e renderò grande il tuo nome, e diventerai una benedizione.... In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Genesi 12, 2-3). In effetti, secondo il profeta Isaia, la speranza della redenzione si estende all’intera umanità: “Verranno molti popoli e diranno: ‘venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri’” (Isaia 2, 3). In questo orizzonte escatologico viene offerta una reale prospettiva di fraternità universale sul cammino della giustizia e della pace, per preparare la via del Signore (cfr Isaia 62, 10).
Cristiani ed Ebrei condividono questa speranza; infatti, noi siamo, effettivamente, come affermano i profeti, “prigionieri della speranza” (Zaccaria 9, 12). Questo vincolo permette a noi Cristiani di celebrare al vostro fianco, anche se in un modo nostro specifico, la Pasqua della morte e della risurrezione di Cristo, che noi consideriamo inseparabile dal vostro, avendo Gesù stesso detto: “la salvezza viene dai Giudei” (Giovanni 4, 22). La nostra Pasqua e il vostro Pesah, sebbene distinti e differenti, ci uniscono nella comune speranza centrata su Dio e sulla Sua misericordia. Questo ci sprona a cooperare gli uni con gli altri e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per rendere migliore questo mondo per tutti, in attesa del compimento delle promesse di Dio.
Con rispetto e amicizia, chiedo, pertanto, alla Comunità ebraica di accettare i miei auguri di Pesah in uno spirito di apertura alle reali possibilità di cooperazione che vediamo davanti a noi, mentre contempliamo le urgenti necessità del nostro mondo e guardiamo con compassione alle sofferenze di milioni di nostri fratelli e sorelle ovunque. Naturalmente, la nostra condivisa speranza per la pace nel mondo abbraccia il Medio Oriente e la Terra Santa in particolare. Possa la memoria delle misericordie di Dio, che Ebrei e Cristiani celebrano in questo tempo di festa, ispirare tutti i responsabili per il futuro di quella Regione - dove gli eventi legati alla rivelazione di Dio avvennero realmente - a rinnovati sforzi e specialmente a nuovi atteggiamenti e ad una nuova purificazione dei cuori!
Nel mio cuore, ripeto con voi il salmo dell’Hallel pasquale, invocando abbondanti benedizioni divine su di voi:
“Celebrate il Signore perché è buono; perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele ‘eterna è la sua misericordia’...
Lo dica chi teme Dio ‘eterna è la sua misericordia’” (Salmo 118, 1-4).
Dal Vaticano, 14 aprile 2008
BENEDICTUS PP. XVI
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