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Omelia del cardinale Carlo Maria Martini, XXV anniversario di ordinazione episcopale, Festa dei Fiori 2005. (Estratto )
Martini, Carlo Maria
Italie (2005/05/10)
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La seconda lettura ci porta come "su ali d'aquila". È il primo capitolo della lettera agli Efesini. Noi leggiamo e rileggiamo questo capitolo comprendendo che ne comprendiamo poco. Queste parole risuonano grandiose ai nostri orecchi, e non riusciamo a fare una sintesi. Capiamo, però, che tutto va verso la ricapitolazione di ogni cosa in Cristo del versetto 10. Questo, quindi, è il culmine di uno sviluppo che il capitolo presenta partendo dall'eternità nella quale Dio ci ha scelto perché fossimo immacolati al suo cospetto nell'amore. Descrivendo la redenzione nel tempo, si parla della redenzione nel sangue di Cristo, poi si ricorda che questa redenzione è per l'oggi, che oggi riceviamo questa salvezza, che è per il futuro e anche come eredità e pegno di vita eterna. Giunti qui abbiamo una sorpresa perché quando dice: "Voi, voi, voi…", noi pensiamo sia rivolto a noi, invece a un certo punto dice: "Anche voi…", cambiando quindi destinatario. Cioè: ciò che ha detto fin'ora vale per gli Ebrei, ciò che dirà d'ora in avanti vale anche per i pagani, per noi provenienti dal paganesimo. Dunque questa lettera ci ricorda che siamo secondi dopo il popolo ebraico, siamo i loro fratelli minori; noi veniamo dopo di loro, come dice Paolo anche nella lettera ai Romani: "Prima il Giudeo poi il Greco". Certamente, nell'amore verso il popolo ebraico Dio vuol mostrare l'amore verso tutti i popoli, ma noi che siamo un po' intrisi di mentalità illuministica vorremmo una parità assoluta e partire, per così dire, tutti da zero. La storia non è così. La storia pone dei primi e dei secondi, delle priorità allargate all'umanità intera. Quindi non possiamo mai dimenticare i nostri fratelli Ebrei, amati per primi dal Padre e alla cui vocazione noi partecipiamo: "Anche voi - dirà Paolo - siete stati chiamati a far parte di questa eredità". Per questo non possiamo non essere solidali con questo popolo, non possiamo non unirci in qualche maniera alla loro sorte. Stando spesso a Gerusalemme, sento molto più di un tempo questa verità, questo mistero di Israele. Lo esprimo quindi volentieri e credo che sia importante per ciascuno di noi penetrarlo sempre di più.
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