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Intervista con padre Norbert HofmannRadio Vaticana
Questo pomeriggio, presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, si terrà la conferenza di apertura di una serie di incontri sui rapporti tra Chiesa cattolica ed Ebraismo dal Concilio Vaticano ad oggi. Questa serie di incontri è promossa dal Centro “Cardinal Bea” per gli Studi Giudaici, in collaborazione con il Centro di documentazione SIDIC e con il sostegno dell’American Jewish Committee. Ma quale cammino è stato compiuto nei rapporti tra Chiesa cattolica ed Ebraismo dal Concilio Vaticano II ad oggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Norbert Hofmann, segretario della Commissione per i rapporti con l’Ebraismo, istituita in seno al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: R. – E’ stato soprattutto un cammino di mutua comprensione e di amicizia. Quarant’anni fa, con il documento Nostra Aetate del Concilio Vaticano II, abbiamo cominciato questo cammino di amicizia e di mutua comprensione. La nostra Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo è stata istituita 30 anni fa, quindi abbiamo le strutture per un dialogo efficace. Attualmente, a Grottaferrata, stiamo organizzando un dialogo con il Gran Rabbinato di Israele, cominciato due anni fa. A livello mondiale abbiamo anche cominciato un dialogo con l’International Jewish Committee on Interreligious Consultations. Quest’anno, in luglio, a Buenos Aires abbiamo tenuto un Convegno sulla giustizia sociale e sulla carità. E’ un cammino molto importante quello che stiamo facendo e abbiamo raggiunto già molto. D. – Quali sono le principali questioni ancora aperte? R. – Nostra Aetate dice chiaramente che il nostro compito deve essere quello di scoprire la nostra identità. E’ un cammino di conoscenza più profonda. Una delle questioni aperte, da parte nostra, è una teologia cristiana dell’Ebraismo. Stiamo sviluppando infatti una teologia dell’Ebraismo, che riguardi il mistero di Israele. D. – Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei “fratelli maggiori”. Gli ebrei come si sentono nei nostri confronti? Come vedono oggi i cattolici? R. – Questa domanda è piuttosto una domanda per gli ebrei. Certamente il Papa ha chiamato gli ebrei “fratelli maggiori nella fede di Abramo”, perché il cristianesimo ha delle radici ebraiche. Io posso solo menzionare un documento fatto dagli ebrei, che si intitola “Dite la verità”. In questo documento gli ebrei hanno espresso gratitudine per il fatto che i cristiani adorino il Dio d’Israele. Ciò vuol dire, infatti, che tramite i cristiani viene adorato il Dio d’Israele. Posso immaginare che gli ebrei siano molto lieti di questi progressi attraverso il nostro dialogo. D. – I cattolici stanno riscoprendo le radici ebraiche della fede? R. – Sì, chiaramente. Gesù era un ebreo, la Madre di Dio era una ebrea, gli apostoli erano ebrei. Come ho già detto, il cristianesimo ha delle radici ebraiche e noi stiamo riscoprendo sempre di più le cose che abbiamo in comune. Attualmente stiamo facendo un Convegno sul tema “Una visione comune della giustizia sociale e del comportamento etico”. D. – Padre Hofmann le risulta che ci siano stati cambiamenti negli ultimi secoli nel pensiero teologico ebraico? R. – Anche questa domanda andrebbe fatta agli Ebrei… non esiste l’ebraismo in se stesso, ma esistono tante correnti dell’ebraismo: per esempio gli ortodossi, gli ebrei della Sinagoga riformata, i conservatori. Quindi, ogni corrente ebraica ha un suo pensiero teologico. D. – Il dialogo ebraico-cristiano può avere riflessi sui rapporti con l’islam? R. – In Vaticano c’è la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo e per il dialogo con gli ebrei. Il dialogo con i musulmani, invece, viene organizzato dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Tra la nostra Commissione e questo Pontificio Consiglio c’è una buona collaborazione. Naturalmente vengono organizzati anche Convegni del “trialogo”, e ciò vuol dire musulmani, cristiani ed ebrei insieme. Quindi, stiamo collaborando in questo campo.
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