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Kasherut: religione e alimentazione

 

17/11/2005: Lilli Spizzichino

 

Buonasera a tutti come sapete l'incontro di oggi sarà dedicato alla kasherut, ovvero tenterò di raccontarvi per quanto mi sarà possibile, il significato delle regole alimentari ebraiche prescritte dalla Torah, le quali costituiscono, penso che lo sappiate, un aspetto fondamentale della nostra tradizione. Vi vorrei ricordare immediatamente che i Coanim, i Sacerdoti al tempo del Santuario, mangiavano le offerte ed anche gli offerenti partecipavano al culto mangiando alcune parti delle offerte. Ancora, i momenti - chiave della vita ebraica sono scanditi dal cibo: Shabbath, feste, circoncisioni, matrimoni ed addirittura la conclusione di un ciclo di studio, durante il quale si fa una Seudat Mitzvà, un pasto del precetto.

Dunque parleremo di cibo, tenendo immediatamente presente che per il popolo d' Israele i precetti alimentari sono un mezzo per portare il sacro nel quotidiano; non a caso la tavola dell' ebreo è considerata un mizbeah, un altare sul quale sono posti gli alimenti scelti con cura secondo come, vi ho detto, i precetti della Torah. E qui vorrei sottolineare che il termine " sacro" nell' ebraismo non assume un significato, una dimensione metafisica, ultraterrena, irraggiungibile. Al contrario il sacro, la sacralità è un qualcosa alla portata di ogni ebreo che osserva i precetti e proprio in virtù di queste norme che rispetta e che coinvolgono la sua vita, il suo comportamento quotidiano, propri attraverso la mitzvot, l' ebreo arriva a vivere un' esistenza scandita, caratterizzata dalla sacralità. Ciò sta significare che qualsiasi aspetto della vita quotidiana, sia essa lo studio, il lavoro, la vita sessuale ovviamente l' alimentazione, per il popolo d' Israele diviene un'attività sacra nel momento che tale attività è regolata dalla Torah. Le regole alimentari ebraiche hanno segnato in profondità la vita degli ebrei e come tutti gli indicatori identitari forti inoltre, esse sono divenute terreno di scontro nei momenti di maggiore conflitto con l' esterno. Ricordiamo il rifiuto di cibarsi di maiale punito con la morte presente nel Libro dei Maccabei. Ciò lo ritroviamo nella Spagna del VII secolo, quando i Visigoti costringono gli Ebrei spagnoli a convertirsi e varano norme rigorose per quanti, convertiti, continuassero ad osservare le norme alimentari ebraiche. E ancora nell' Italia del tre - quattrocento, i predicatori francescani si scagliavano con forza contro l' usanza ebraica di vendere ai cristiani " i loro scarti ", cioè le parti posteriori degli animali.

Ma i conflitti potevano essere più aspri di queste schermaglie. Nella Penisola Iberica dopo che gli ebrei furono convertiti a forza o espulsi l' Inquisizione considerava come segno di Apostasia il fatto che molti conversos rifiutassero di mangiare il maiale e molti hanno pagato questo rifiuto con la tortura o il rogo.

Ora, detto questo, prima di spiegare le leggi alimentari vorrei fare un ulteriore osservazione per farvi comprendere immediatamente la difficoltà che esiste anche da parte di rabbini, studiosi e commentatori della Torah nel dare una spiegazione a queste norme. Vado a chiarire meglio il mio discorso. Come sapete la Torah contiene tutta una serie di precetti che investe campi differenti: molte regole sono perfettamente comprensibili per il loro immediato significato sociale: per esempio le leggi contro il furto, l' omicidio, la falsa testimonianza. Poi vi sono altre norme a carattere più strettamente religioso le quali anche queste possono essere spiegate sebbene non con altrettanta semplicità: per es. i precetti sullo Shabbath, sulla Pasqua. Ma c' è un altro gruppo di precetti la cui comprensione oggi è estremamente difficile se non impossibile. Le leggi di questa categoria sono chiamate Cukim, ossia decreti, comandamenti che si devono rispettare anche se non se ne comprendono le ragioni. Dunque le norme alimentari rientrano in questo gruppo in quanto il più delle volte non esiste una spiegazione vera e propria e se esiste si presta comunque a delle obiezioni.

C'è da dire che di solito gli ebrei che osservano la kasherut non si pongono molte domande sul loro significato in quanto: 1) esse sono accettate non per le possibili motivazioni ma per il fatto che il sistema di regole nel suo complesso costituisce un unico blocco che si ritiene perfetto perchè originato da ispirazione divina; 2) e poi in quanto queste norme, riprendendo ciò che vi dicevo prima a proposito del sacro e della sacralità, sono viste e vengono inserite all'interno di un programma che ha come fine appunto una vita per ogni ebreo caratterizzata dalla Kedushà ( sacralità ) così come ci viene detto in Es. 19,6:" E voi sarete per Me un reame di sacerdoti, una nazione consacrata".

Dunque, possiamo dire che la ragione generale per la proibizione di questi cibi espressa nell' introduzione a queste leggi dettagliate presente in Dt. 14,2, ("Poiché voi siete un popolo santo al S. D-o"), si collega all'idea di santità che si ottiene attraverso una condotta disciplinata dalle mitzvot, attraverso la capacità di limitare le proprie voglie fisiche e i propri desideri istintivi. Allora tenendo conto di questi due aspetti l' alimentazione per il popolo d' Israele è un rito, un modo di agire sacralmente, il fondamento dell' identità ebraica che determina una sopravvivenza non più solo biologica ma culturale. Pensate all' importanza del cibo durante le feste per esempio a Rosh Ha Shanà, il Capodanno ebraico durante il quale noi abbiamo l' obbligo di svolgere un piccolo Seder mangiando mele intinte nel miele, melograno, pesce ed altri cibi o pensate alla Pasqua ebraica durante la quale mangiamo per 8 giorni azzime, matzot. Chiaramente ciò non vuol dire che tuttavia manchino domande e risposte tra gli ebrei per comprendere le ragioni di questo tipo di alimentazione, solo che queste risposte sono secondarie rispetto all'obbligo del fare, dell' osservare i precetti.

Detto questo introduco subito il mio discorso dicendovi che le regole alimentari ebraiche si fondano sulla ripartizione dei cibi in 2 grandi categorie: cibi taref, ritualmente non idonei, vietati (questo termine deriva dal sostantivo biblico tarerà "anomalo sbranato" cioè non macellato secondo il rito che andremo a vedere e quindi vietato ) e cibi kasher adatti, idonei, validi. Dunque un cibo è kasher quando è adatto ad essere consumato, quando è stato preparato nel rispetto delle norme che regolano l'alimentazione ebraica. Ora, le norme che regolano l'alimentazione sono numerose e di vario tipo, vediamo le principali: 1) Il divieto di consumare sangue (Gn.9,4;Lv. 3,16; Lv. 7,26-26 ;Dt. 12,16); 2) La proibizione di mangiare membra tolte ad animali vivi (Gn, 9,4); 3) La distinzione tra animali permessi e animali proibiti (Lv. 11,1- 32 ); 4) Il permesso di consumare solo gli animali uccisi con una tecnica particolare chiamata shekitah; 5) il divieto di mangiare il nervo sciatico; 6) Il divieto di mescolare carne con latte.

Ora cerchiamo di capire l'origine di queste proibizioni, ovviamente attraverso i commenti dei nostri antichi maestri che, secondo quanto scritto nella Torah, hanno ipotizzato alcune spiegazioni risalendo al momento in cui D-o creò il mondo.

Spiegano i nostri rabbini che il S. creò l' universo ponendo come sapete fiori, alberi da frutto in modo che l' uomo avrebbe potuto alimentarsi attraverso il mondo vegetale. Ovviamente pose accanto a lui anche gli animali con il divieto di ucciderli e di nutrirsi di questi. Dunque nel giardino dell' Eden in principio all'uomo fu comandato di essere vegetariano (Gn. 1, 28-29). Sottolineano ancora i nostri rabbini che il S. comprese che sarebbe stato difficile se non impossibile trattenere gli esseri umani da questa loro bramosia per la carne per cui Egli concesse alla nuova umanità, quella di Noè, di cibarsi della carne vietandone però il sangue (Gn. 9,4 ) e le membra tolte ad animali vivi. Questo in quanto il sangue viene simbolicamente identificato con la vita dell' animale e astenersi dal consumarlo è il minimo che possa fare colui che uccide una bestia per mangiare la sua carne. In questo modo si ricorda che uccidere un animale non è un atto lecito e che una vita è stata troncata. In particolare la Torah dà alcune spiegazioni del divieto del sangue: in Lv. 17,11 è scritto che: " la vita (nefesh) della carne è nel sangue ed Io ve l' ho data sull' altare per espiare le vostre vite perché è il sangue che espia per la persona".In Dt. 12, 23 si sottolinea: " perché il sangue è la vita e non mangerai la vita con la carne".

Quindi secondo la logica della Torah alla base del divieto vi sono due motivi essenziali: 1°) L' identità del sangue con la vita, che sta a significare che è il principio stesso della vita che deve essere rispettato. La violazione del divieto è un atto di malvagità che non vuole considerare che una vita è stata stroncata. 2°) Il secondo motivo è rappresentato dal valore espiatorio del sangue, rappresentando una vita che sostituisce un' altra, quella umana: dal momento che assume questa funzione speciale viene interdetta all' alimentazione. Infine questo divieto, secondo un' ulteriore interpretazione, si collegherebbe anche all'uso che se ne faceva nell' antichità in riti idolatri durante i quali veniva offerto un pasto speciale ai demoni o agli spiriti dei defunti consistente in sangue. (sangue–nefesh-forza–bestialità). Ma sicuramente non è questo il motivo essenziale della proibizione che, come la Torah afferma esplicitamente è legato alla sua identità con la vita. Per quanto riguarda il precetto di non smembrare un animale vivo, (5° precetto di Noè), il grande rabbino Ahron Valevi di Barcellona dice che:"Non vi è esempio più grande di crudeltà di quando si stacca un arto o un' altra parte della carne dell' animale vivo che si trovi di fronte a noi o che se ne fa cibo per sé." Dunque già da questi precetti possiamo notare che da un lato l' ebraismo non esige né la repressione né la soppressione degli istinti ma certamente dall' altra l' uomo ha il dovere di riuscire a dominarli. Per cui dobbiamo ricordare che l' animale che si mangia è una creatura del S. e che la sua morte non può essere considerata con leggerezza, che la caccia per divertimento è proibita, che non possiamo trattare qualunque realtà vivente senza pietà. Vorrei citare alcuni passi di Maestri che sono universalmente riconosciuti come Rabbini di indiscussa portata spirituale, i quali ritenevano che il cibarsi di carne fosse contrario allo spirito della Torah. Questo è quello che dice Don Isac Abravanel (1437-1508 ) nel suo commentario all'Es.16,4 in cui spiega perché D. avesse dato agli ebrei la manna dal cielo:

"Il Santo disse a Mosè:" la carne non è un cibo indispensabile per il mantenimento dell' uomo, piuttosto è una ghiottoneria che accresce la tendenza alla lussuria. Inoltre essa fa nascere negli esseri umani la tendenza ad avere un temperamento crudele. Come è ovvio dal fatto che gli animali che si cibano di carne sono molto più aggressivi di quelli che si sostengono di vegetali….. per questo il Santo disse a Mosè che avrebbe fatto scendere dal cielo il pane, la manna e non la carne". E quando il Santo accolse la richiesta bramosa degli ebrei di carne e dette loro le quaglie, immediatamente ci fu una pestilenza che distrusse gran parte del popolo nel deserto."

Ancora Rav Kook ( 1865-1935 ), primo Rabbino capo dello Stato d' Israele, afferma che:
mentre all'inizio della Genesi D-o richiede ad Abramo di non nutrirsi di carne, nelle generazioni seguenti a causa della degenerazione morale della gente, D-o permette all' uomo di mangiare carne."

Come mai? Rav Kook spiega che lo sviluppo dell' umanità deve avvenire per gradi: in primo luogo gli esseri umani devono risolvere il problema della violenza e dell'odio che alberga fra loro. Solo dopo potranno raggiungere il livello morale che consentirà di trattare gli animali in maniera rispettosa e all'idea di nutrirsi di carne animale proveranno lo stesso ribrezzo che oggi sperimentano all'idea di nutrirsi di carne umana. Il consumo di carne animale oggi è " una concessione" destinata a sparire in futuro.

Ma andiamo più in profondità con questo discorso sulla Kasherut. Dopo aver sottolineato le prime proibizioni o norme relative all'alimentazione in Lv. 11, 1- 32 la Torah sottolinea ulteriori limitazioni nel consumo della carne fornendoci uno schema alquanto particolareggiato sugli animali che possono essere consumati o meno. Si classificano dunque gli animali in vari gruppi: quadrupedi, pesci, volatili, insetti e si distinguono nell' ambito di ogni gruppo le specie permesse e quelle proibite. Per quanto riguarda i quadrupedi (Lv .11,2-7 e Dt. 14, 3-9) sono permessi tutti quelli che hanno lo zoccolo diviso e sono ruminanti (tra i domestici gli ovini e i bovini e trai selvatici il cervo e il capriolo). Chiaramente sono esclusi maiale, cammello, cavallo e gatto. Tra gli uccelli è consentito cibarsi di tutti ad eccezione di 24 specie in gran parte animali rapaci e notturni; si fa uso per l' alimentazione solitamente dei gallinacei (con l' esclusione della gallina faraona), piccioni, tortore, quaglie oche, anitre. Infine per il gruppo dei pesci è consentito mangiare tutti gli animali acquatici che hanno pinne e squame.

Cerchiamo però adesso di dare qualche interpretazione relative ai divieti di consumare alcuni tipi di animali fermo restando ciò che vi dicevo prima ovvero che qualsiasi tipo di spiegazione può essere oggetto di obiezioni e non è mai definitiva. 1°) Spesso all' origine di qualche divieto di particolare specie (insetti soprattutto) vi può essere il disgusto o lo schifo per quella specie. Va però sottolineato che in questo modo si possono spiegare solo una minima parte dei divieti. E ancora la tradizione rabbinica ci insegna che i divieti alimentari non devono essere osservati perché si identificano con sensazioni di disgusto ma al contrario debbono essere osservati proprio quando sono contrari ai desideri dell' uomo realizzando così una specie di educazione alimentare dell'individuo. 2°) Un altro dei motivi addotti per giustificare questi divieti, interpretazione che gode di maggiore popolarità rispetto alle altre, si collegherebbe ad una spiegazione igienico sanitaria: alcuni alimenti sono proibiti dalla Torah in quanto nocivi alla salute. Ora se è innegabile che l' astensione dal mangiare certi tipi di animali è tuttora una valida difesa da certe malattie (si pensi per esempio, al pericolo di gastroenteriti ed epatiti che si corrono mangiando mitili) questa spiegazione suscita delle obiezioni. Infatti molte specie proibite non comportano alcun rischio particolare, neppure nei caldi climi medio orientali, mentre d'altra parte molte specie permesse possono essere pericolose tanto quanto alcune di quelle proibite. D'altronde non si può ridurre la Torah ad un semplice testo di medicina, all' interno non si parla mai di protezione della salute della persona: 'Fate così e starete bene.' 3°) Un' altra spiegazione di queste limitazioni si collega al fatto che nutrirsi di alcuni tipi di animali introduce in noi le caratteristiche negative o positive dell'animale stesso. Per esempio il divieto di mangiare animali rapaci avrebbe il significato di rifiuto della violenza. Ora questo tipo di spiegazione è molto antica (Ebraismo di Alessandria d' Egitto): Filone sosteneva ad esempio che gli animali proibiti erano simboli di vizi e comportamenti sociali da evitare: il topo simbolo della nocività, la donnola di maldicenza, i rettili dell' abbandono alle passioni. Oppure le aragoste con i loro gusci, le loro corazze che contaminano il nostro cuore impediscono alla luce della Sapienza di entrare in noi. Al contrario gli attributi degli animali permessi sottolineavano le virtù: ruminare sta per ricordare, lo zoccolo diviso rappresenta la separazione e la distinzione morale, le squame e le pinne dei pesci la resistenza e l' auto controllo. 4°) Un altro tentativo di spiegare queste norme si collegherebbe al concetto di perfezione. Ovvero rientrano nella categoria degli animali permessi le specie conformi alla loro classe che rappresentano cioè adattamenti perfetti all' ambiente nel quale sono inseriti e nell'ambito della classificazione biblica terra, acqua,cielo.

L'animale acquatico perfetto è quello dotato di pinne e squame; il terrestre è il quadrupede (e non quello che striscia, salta, brulica). In questa chiave interpretativa, il consumo di animali perfetti sarebbe uno stimolo alla "meditazione sull' unità, purezza, completezza di D-o". Ripeto, i precetti alimentari sono conformi al concetto di santità ed integrità di D-o: D-o è Santo, è completezza, ordine, perfezione, unità e le regole alimentari si conformano sullo stesso modello. La mistica ebraica nel suo mettere in costante rapporto il microcosmo dell' uomo con il resto della creazione insegna che, come gli uccelli sono l' archetipo degli angeli, dei pensieri elevati, i vermi sono l'archetipo di tutto ciò che è attaccato alla terra, alla materialità (di fatto nel divieto che li riguarda sono definiti animali che strisciano sul ventre). Introdurre dei vermicelli o dei parassiti nel nostro corpo ha delle conseguenze spirituali, sulla qualità dei nostri stati d'animo, altrettanto disastrose che le parassitosi degli intestini.

E così giungiamo alle ultime due spiegazioni o tentativi di interpretazione delle proibizioni che sono quelle forse con cui concordo maggiormente. Si parte in questa penultima spiegazione dal fatto che essendo stata impostata una scelta, una separazione tra specie permesse e proibite, questa scelta ha valore educativo. Si vuole insegnare che ogni bene che è stato dato da godere all'uomo non deve essere goduto senza riflessione, ma dopo aver in qualche modo considerato il significato dell' atto che si compie. In parole povere si richiede all'uomo attraverso queste proibizioni un dominio sugli istinti: "Ogni pretesa dell' istinto deve essere vagliata dalla conoscenza e quest'ultima deve essere educata dalla Torah e dalle mitzvoth". Mi sembra chiaro che chi è schiavo dei propri istinti non può essere paragonato a chi sa dominarli. Il primo mangia ogni qualvolta il suo smodato desiderio lo richiede, il secondo si chiede invece se è permesso mangiare quel giorno,in quella data ora, e quale norma regola l' uso di quel dato cibo. Ciò sta a significare che cibarsi ha una sua sacralità che deve essere rispettata come ogni atto quotidiano. Non a caso Maimonide rileva giustamente che le leggi alimentari ci addestrano a padroneggiare i nostri appetiti, ci abituano a regolare i nostri desideri, a rifuggire dal concetto che il mangiare e il bere sono l' ultimo scopo della nostra esistenza.

Vorrei farvi riflettere su due grandi divieti dell'ebraismo legati alla bocca. 1°) la maldicenza (uso della parola in negativo). E' scritto che fu a causa della maldicenza che D-o distrusse il II Santuario, ed il 2° divieto è collegato alla kasherut. Se ci pensate bene un cibo non adatto può uccidere non solo fisicamente una persona ma anche può essere deleterio per le sue capacità mentali. Come la parola è il nutrimento dell' anima, un cibo kasher è per noi ebrei un nutrimento che riesce a rinvigorire l' organismo senza affaticarlo. In questo modo il corpo può essere un contenuto per l' anima. In una parte della preghiera che si dice dopo il pasto, e che vedremo in seguito, è scritto:" Perché Tu apri la Tua mano e mi sazi la forza della tua volontà" (Sal 145). Allora la domanda è: Perché la forza della volontà e non il corpo? Il cibo sazia il corpo, solitamente. La risposta è: Perché il cibo è un esercizio di volontà (io mangio questo e non quello). Chi mangia in santità non si appesantisce ma al contrario ciò che rimane dopo che il cibo è stato assunto sono scintille di luce collegate alla volontà.

E' interessante notare che in ebraico la parola cibo viene tradotta con il termine mazon (nutrimento), da cui deriva il termine zeman (tempo) e la parola mezen che significa 'giogo' dell'animale. Vediamo come si legano queste tre parole secondo la mistica ebraica. Allora per avere prodotti per esempio dalla terra, cucinare, mangiare e digerire c' è bisogno di tempo, di zeman, ma quando non c' è tempo e noi, per fretta, ricorriamo ai fast food o non ci dedichiamo ad una alimentazione appropriata ecco che il mazon diviene mezen ('giogo' dell' animale). Per il fatto che non abbiamo zeman purtroppo c' è da dire che noi viviamo attualmente nel mondo della schiavitù del tempo. Mangiando con consapevolezza la materia cessa di essere il mezzo con cui la divinità si cela e diventa canale per la Sua Rivelazione. Ancora possiamo dire che le regole alimentari ebraiche ripropongono al popolo d'Israele l'iniziale avvertimento di D-o ad Adamo:"Puoi mangiare da tutti i frutti ad eccezione dall' albero della Conoscenza del bene e del male ". Accettare di non mangiare da questo albero significa rinunciare all' umana onnipotenza e riconoscere una volontà superiore alla quale assoggettarsi. Vuol dire in parole povere che noi abbiamo il dovere di controllare la quantità e la qualità di cibo che possiamo ingerire in modo tale da non danneggiare il nostro corpo e la nostra anima.

In questi termini il significato delle regole alimentari non è diverso da quello di altri riti in ebraico, primo fra tutti il Sabato. Ed infine, e questo mi sembra molto chiaro, la scelta tra animali permessi e proibiti caratterizza il gruppo ebraico distinguendolo culturalmente dagli altri popoli. Dunque l' alimentazione diviene un elemento di coesione, di unità ma soprattutto di rafforzamento dell' identità. Anticamente molti di questi cibi proibiti venivano usati nei riti orgiastici delle popolazioni pagane. Per tale motivo la Torah sottolineò immediatamente la separazione tra questi tipi di mense rispetto poi all' alimentazione del popolo d' Israele.

Dunque riassumendo, fino a questo punto abbiamo visto una serie di limitazioni e di proibizioni in seno all' alimentazione del popolo ebraico, abbiamo inoltre adottato alcuni motivi per queste norme, spiegazioni non sempre prive di obiezioni. Abbiamo anche sottolineato che il consumo di carne non era parte del disegno originale di D-o in quanto ogni essere vivente era sacro e all' uomo non era consentito di distruggere nemmeno una vita per il suo sostentamento. In seguito si consente un' alimentazione in cui fosse presente anche la carne ma priva del suo sangue proveniente da animali domestici ma soprattutto (un' altra limitazione) consumata solo se l' animale veniva offerto in sacrificio. (Lv. 17,3; 13,2-7). Infatti uccidere un animale fuori dell' ambito sacrificale anticamente era considerata una colpa gravissima." Spargimento di sangue". Anticamente quando c' era ancora il Santuario il sangue veniva versato sull' altare e non mangiato dall' uomo perché doveva tornare a D-o. Quando poi gli Ebrei arrivarono in Israele, la distanza dal luogo del sacrificio rese impossibile o perlomeno complicato mangiare la carne, allora fu permesso il libero consumo degli animali a condizione che fossero uccisi con la Shekità (macellazione rituale).

La shekità consiste nel taglio della trachea e dell' esofago dell' animale fatto con una lama affilatissima che non deve avere nessuna intaccatura. Per tale motivo lo Shoket, il rabbino preposto per questa operazione, avrà cura di esaminare prima dell' operazione questa lama per escludere la più piccola e appena percettibile deformazione che potrebbe avere un effetto dolorifico sull' animale. La lama viene fatta strisciare sul collo avendo cura di muovere rapidamente e senza esercitare pressioni sul collo. La morte dell' animale è rapida praticamente indolore: contemporaneamente si ottiene con taglio dei vasi del collo un rapido e abbondante dissanguamento. Ora perché questo tipo di macellazione? Innanzi tutto, come vi ripeto, l' uccisione dell' animale non è un atto lecito e dunque l' uccisione della bestia non deve essere fatta in maniera arbitraria ma deve essere sacralizzata. La morte di un essere vivente non deve mai diventare un atto semplice, ordinario, di routine. Dunque la Shekità si impone come atto educativo, che deve far pensare, che deve insegnare, che comunque non deve far dimenticare la crudeltà dell' azione. E poi mi sembra chiaro che la Shekità ha anche uno scopo pratico in riferimento alla proibizione del sangue in quanto consente un dissanguamento rapido e imponente dell' animale. "Il sangue va fatto scorrere come un mare" (Dt. 15,23).

Dopo aver ucciso l' animale si passa alla seconda fase caratterizzata dalla Bekidà (Es.22,30), l'esame degli organi interni dell' animale in quanto vi è il divieto di cibarsi di qualsiasi animale portatore di una lesione di un organo vitale che lo porterebbe al decesso entro un anno. Il controllo dei nostri Bokedim è più severo di quello dei veterinari tanto che spesso le bestie da noi scartate passano il controllo veterinario. La terza fase è quella del Nikkur (Lv.7,23): si elimina un certo tipo di grasso, chelev, parti che nei tempi antichi venivano bruciate sull' altare perché appartenevano a D-o. Ed infine abbiamo la kascerizzazione vera e propria (Lv.7) cioè l' eliminazione ulteriore di sangue rimasto ponendo questa carne in un recipiente per mezz'ora sotto l'acqua, poi posata su una superficie perforata (per permettere il deflusso del sangue) e abbondantemente salata con il sale grosso. Dopo che la carne è stata sotto sale per un' ora è lavata con l' acqua corrente 2- 3 volte e pronta per essere cucinata. Durante tutta questa operazione si fa attenzione anche a togliere il nervo sciatico dall' animale e ciò si collegherebbe al versetto biblico di Gn. 32,33 nel quale si racconta la lotta di Giacobbe con l' Angelo e la successiva zoppia di Israele. L' episodio della lotta (e questa è solo un' ipotesi) potrebbe essere inteso come simbolo della storia del popolo ebraico che in ogni momento è costretto a combattere per la sua sopravvivenza ma che riesce a vincere portando tuttavia nel suo corpo i segni di quella lotta. Anche l'alimentazione (atto che si compie per la sopravvivenza fisica), il popolo ebraico deve portare un segno della condizione che lo espone al rischio in ogni momento di veder mettere in discussione il proprio diritto all' esistenza e alla sopravvivenza.

Passando alla categoria dei volatili il discorso è un po’ diverso. Prima di tutto non viene fatta un' analisi degli organi interni in quanto essendo l'animale piccolo, sarebbe troppo smembrato e dunque questo è un atto di pietà verso gli uccelli. Ed ancora si usa fare per quanto riguarda il sangue dei volatili il Kssui Ha-dam, la copertura del sangue. Gli animali per i quali si esegue il rito appartengono alla specie che non venivano sacrificati (uccelli, quadrupedi selvatici). Il rito è una specie di sepoltura simbolica nel quale il sangue che ne rappresenta la vita viene coperto, viene nascosto,come appunto si fa quando si vuole nascondere una colpa. Per coprire il sangue è necessaria della terra o qualsiasi altra sostanza nella quale possono crescere delle piante. Questo sta significare che la copertura non deve essere un atto di chiusura ma deve servire come punto di partenza per una nuova creazione di vita anche se in forma diversa, vegetale.

Direttamente collegato alla limitazione e proibizione di cibarsi di alcune specie di animali vi è anche il divieto di mangiare o mescolare carne con latte o latticini. Ciò è ripetuto 3 volte nella Torah: "Non cucinerai il capretto nel latte della madre" (Es.23,19; Es.34,26; Dt. 14,21) e i motivi dell'origine del divieto sono oscuri. Qualcuno parla di norme umanitarie (sarebbe una crudeltà cucinare insieme figlio e latte materno). Maimonide è stato il primo ad affermare che il motivo di questa proibizione era il desiderio della Torah di sopprimere un costume religioso dei popoli cananei i quali offrivano alla divinità i capretti cucinati nel latte materno. Un' altra spiegazione è che il latte è il primo alimento dell' uomo, che non richiede preparazione e che soprattutto non richiede per ottenerlo un intervento cruento. La carne invece presuppone una cultura, la capacità di allevare o cacciare un animale e soprattutto la sua morte. Il divieto dunque indicherebbe la contrapposizione esistente tra un alimento definito" innocente" e l'altro che deriva da un delitto. Dunque mescolare innocente con colpevole comporterebbe una confusione di valori, non solo alimentari ma etici.

All'interno di questa norma vi sono 3 distinti divieti: 1°) Mangiare carne insieme a latte; 2°) Cuocere carne insieme a latte anche senza mangiare; 3°) Avere un qualsiasi tipo di giovamento (per esempio dalla vendita) della mescolanza di carne e latte. Questa proibizione comprende qualsiasi tipo di carne anche quella degli uccelli ad esclusione solo quella dei pesci. Ed inoltre la carne degli uccelli non rientra nel tipo della seconda e terza proibizione. Ovviamente è vietato usare gli stessi recipienti e stoviglie per tutti e due gli alimenti. Addirittura alcune famiglie hanno due lavandini separati e alcuni due cucine completamente separate. Inoltre, se fra più persone sedute alla stessa mensa alcuni mangiano cibi di carne ed altri di latte bisogna mettere sul tavolo qualche segno che tenga distinti gli uni dagli altri. Se poi una persona mangia latte e subito dopo vuole mangiare carne lo può fare a condizione di essersi sciacquato la bocca con acqua e vino o aver mangiato del pane, essersi lavato le mani e pulito bene il tavolo. Invece tra la carne ed il latte l' attesa è di 3 ore, infatti un intervallo maggiore è necessario in quanto si ritiene che la carne con il suo sapore o il suo grasso rimane più a lungo in bocca.

Un ultima considerazione la vorrei fare intorno ad una bevanda, il vino, il quale anch' esso è sottoposto a delle norme. Il vino kasher è quello fatto da ebrei osservanti del Sabato. Il vino proibito dalla Torah detto 'Jain Neskh' è il vino che veniva consacrato a divinità straniere in uso delle libagioni degli idolatri. C' è da dire che questa bevanda è oggetto di una particolare attenzione proprio per il ruolo simbolico che gli è attribuito nel rito ebraico, come strumento della cerimonia di santificazione (Qiddush) in ogni festa. E' inoltre da tenere presente che l' uso del vino avviene soprattutto nel pasto e nella tradizione ebraica tutto ciò che sta sul tavolo è considerato un altare e ha la sua importanza. Quindi ogni forma di vita estranea e antitetica all' ebraismo viene vietata. Prima di mangiare si recita una benedizione nella quale si ringrazia D-o che ha fatto uscire il pane dalla terra e si mangia un pezzetto di pane con il sale in ricordo dei sacrifici che venivano offerti a D-o. E' denotare che noi ebrei prima di mettere in bocca qualsiasi cibo pronunciamo una benedizione specifica e apposita ringraziando sempre il S. per ciò che ci dà. Dopo aver consumato al tavolo un pranzo, una cena o colazione viene recitata la preghiera di Ringraziamento "Birkat Amazon" formata di 4 parti composte in epoche differenti: 1°) attribuita a Mosè, dopo che la manna scese dal cielo (colui che nutre l'Universo); 2°) attribuita a Giosuè, quando introdusse il popolo ebraico interra d' Israele (mette l'accento sul possesso del suolo sacro e sui suoi frutti); 3°) composta da David (implorazione a D-o su Gerusalemme); 4°) composta in epoca molto più tarda, (II sec. E.V.) e consiste nel ringraziamento da parte del Sinedrio a D-o in occasione di un momento particolare. Ora la mitzvà di ringraziare per il pasto ci viene data dalla Torah stessa in Dt. 8,10: "E mangerai e ti sazierai e benedirai il S." E' da notare che quando l'ebreo, dopo aver preso parte ad un pasto, si accinge a ringraziare D-o, non gli basta la semplice espressione di gratitudine per aver potuto soddisfare un suo bisogno fisico ma egli ringrazia il S. per la buona e larga terra degli antenati, per la Torah, per Sion, luogo della Sua gloria. In tal modo la nostra benedizione per il pasto unisce il bisogno materiale di cibo in un omaggio generale di riconoscenza per i benefici che il S. ci ha arrecato (alleanza, Torah,Israele) che rappresentano i beni spirituali dell'Ebraismo. La Birkat Amazon si conclude con la speranza dell' instaurarsi dell' Era Messianica e dunque con la venuta del tempo di pace per Israele e per tutta l' Umanità. "Pace su di noi e su tutto Israele". Tuttavia all'interno della preghiera questa affermazione assume uno speciale significato. Essa allude al versetto di Lv. 26,6 in cui dopo l' enumerazione di tutte le benedizioni materiali viene detto: "Ed io darò la pace al paese" e qui concludo questo mio discorso sull' alimentazione con questa domanda che si pongono alcuni rabbini riguardo alla frase che ho menzionato prima: "Quali averi possono rappresentare abbondanza di cibo e bevande senza la pace?"

 

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