Ebraismo e Vangelo di Matteo: a confronto con le scritture (I)
24/01/2008: Maria Brutti
Premesse Negli ultimi venti anni, il problema del contesto sociale è diventato centrale nella ricerca su Matteo, ricevendo una attenzione che è almeno paragonabile alla questione del Gesù storico. Un fattore centrale nella ricostruzione del contesto sociale di Matteo è stata la definizione dell’identità dell’audience e della comunità alla quale Matteo apparteneva. Usando il testo come prova, gli studiosi hanno ricostruito almeno tre profili: 1) Una comunità formata in prevalenza da gentili che ha completamente troncato i legami ideologici e sociali con il giudaismo; 2) Una comunità che si trova ancora dentro il giudaismo del primo secolo (intra muros) quando viene scritto il Vangelo; 3) Una comunità in transizione: ha rotto i legami con la sinagoga rimanendo extra Come suggerisce In una Introduzione al Nuovo Testamento, utilizzata oggi come testo di studio in numerose Università, in riferimento alla prospettiva teologica del Vangelo di Matteo, si elencano questi elementi: a) Particolarismo e universalismo; b) Cristologia; c) Ecclesiologia; d) Matteo e la Legge; d) Il giudizio. Con il termine “particolarismo”, termine che comunque, se messo in opposizione all’universalismo, sembra già avere di per sé un carattere riduttivo del pensiero ebraico, Cuvillier si riferisce proprio al radicamento di Gesù nella tradizione giudaica. Considereremo oggi questa “faccia” del Vangelo di Matteo, rinviando l’altro aspetto, quello della sua “antiebraicità” al prossimo incontro. Il problema sarà considerato a partire dall’analisi e dal confronto con i testi stessi. Secondo 1) Matteo conosce perfettamente il giudaismo del suo tempo, ritiene che gli scribi e dei farisei siano “seduti sulla cattedra di Mosè” e per questo rispetta il loro insegnamento (23:2) 2) Il Gesù che Matteo ci presenta non è venuto per abolire nemmeno un solo iota della Legge (5:17 ss.) 3) Gesù paga la tassa del Tempio (17:24-27) 4) Matteo, a differenza di Marco, non spiega le usanze giudaiche di cui parla (cfr. Mt 15:1-9//Mc 7:1-13) 5) Gesù manda i suoi discepoli alle sole “pecore perdute della casa di Israele” (Mt 10:6, ma Accanto a questi, se ne potrebbero citare altri, ma nella ricchezza delle relazioni, interrelazioni, opposizioni, contrasti che il Vangelo presenta, vorrei affrontare una questione che è comune a tutti i vangeli, ma che nel vangelo di Matteo assume un particolare significato: l’espressione “Figlio dell’Uomo”. 1. Il Figlio dell’uomo tra Giudaismo e Vangelo di Matteo: A Confronto con le Scritture Questo tema è stato oggetto di ampio e controverso interesse da parte degli studiosi, soprattutto dal 1960 in poi, quando alcuni di loro misero in dubbio la precedente opinione, affermando che il titolo di “Figlio dell’Uomo” o un concetto unificato di Figlio dell’Uomo esistesse nel Giudaismo-pre Cristiano. Nel trattare questo argomento, a proposito del quale si è detto che per la sua complessità ha messo in luce “i limiti della scienza del Nuovo Testamento”, a) “uno come un figlio d’uomo” nel libro di Daniele b) Il Figlio di Uomo nel Libro delle Parabole di 1 Enoch c) Il Figlio di Uomo nei Vangeli e, in particolare, nel Vangelo di Matteo. 1.1 “uno come un figlio d’uomo” nel libro di Daniele In Tra le diverse moderne interpretazioni, troviamo: un essere umano o una figura divina, due manifestazioni di Dio o anche una entità collettiva. 1.2 Il Figlio d’Uomo nel Libro delle Parabole in 1 Enoch Secondo “Prima ancora che fossero creati il sole e gli astri, prima ancora che fossero fatte (nominate) le stelle del cielo, il suo nome fu chiamato davanti al Signore degli Spiriti” (48:3) In 48:1-7; 49: 2-3, il Figlio dell’uomo è possessore della divina sapienza al più alto grado. Secondo 1.3 Il Figlio dell’Uomo nei Vangeli La trattazione del Figlio dell’uomo nei Vangeli presuppone innanzi tutto alcuni interrogativi: Qual è la relazione tra le Parabole di Enoch e i Vangeli? Questi libri sono stati scritti nello stesso periodo? Dovremmo considerare anche quali sono state le fonti dei Vangeli e inoltre qual era il contesto religioso in cui nacquero i Vangeli. E ancora: In che modo la figura del Redentore appare nel Primo Giudaismo? Il figlio dell’Uomo era un titolo riconosciuto per indicare una figura di redentore celeste nella tradizione pre-cristiana? Si tratta di problemi sui quali non c’è convergenza di opinioni. Anche Davies-Allison, in un ampio excursus sul Figlio dell’uomo, Dalla ricerca svolta finora, il termine bar nashà non appare come un termine normale per indicare “l’uomo in genere oppure colui che parla” Se passiamo ora a considerare i Vangeli, e particolarmente il Vangelo di Matteo, possiamo trovare ulteriori caratterizzazioni. Il figlio dell’uomo è stato considerato come una figura umana (un vagabondo) o celeste (Mt 8:20// Lc 9,58: il Figlio dell’uomo non ha dove posare il suo capo); forse, secondo il suo significato cristologico, come essere umano: ha il potere di perdonare sulla terra i peccati (9:6// Mc 2,10; come una figura escatologica (10:23: prima che venga il Figlio dell’uomo); come una figura pre-esistente; Ma è il Vangelo di Matteo soprattutto che pone il fondamento a una teoria della tradizione del Figlio dell’uomo nei Vangeli. Nel cap. 24 possiamo osservare due aspetti particolari: a) quando Gesù parla di sé stesso usando altri titoli; b) quando Gesù parla del Figlio dell’uomo in terza persona. Nel v. 5 c’è una identificazione di Gesù come Cristo, il Messia (v. 5: molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Messia; v.9:….e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome). Ma nei vv. 27-33, Gesù appare come il proclamatore del Figlio dell’uomo. Secondo Boyarin, c’è qui una antica tradizione nella quale possiano vedere che, sin dal primo momento, Gesù e la sua audience aspettavano la parousia del Figlio dell’uomo, molto prima della morte di Gesù: sarebbe questo, allora un argomento molto forte a favore dell’antichità delle attese del Figlio dell’uomo nel mondo giudaico. Tuttavia, come abbiamo visto, non ci fu una comprensione unica dell’attesa di un redentore divino. Nei Vangeli, comunque, abbiamo la rivelazione di Gesù su se stesso come Figlio dell’uomo. Consideriamo le due tradizioni sinottiche, in Devo aggiungere che il termine “ Figlio dell’uomo” ha una importanza particolare per la nostra comprensione di Gesù stesso e per la Cristologia della Chiesa dei primi secoli. Nei Vangeli è la caratterizzazione più comune di Gesù ed è il termine che egli usa per riferirsi a se stesso. Mi ha tuttavia particolarmente interessato un’osservazione (Boyarin): nei Vangeli nessuno chiede o nessuno mai è meravigliato quando Gesù parla del Figlio dell’uomo o come Figlio dell’uomo. Le persone sanno che cosa significa Figlio dell’uomo, ma non chi è il Figlio dell’uomo. Al di là del fatto riguardante il rapporto tra la composizione dei Vangeli e quella delle Parabole di Enoch (anteriori ai Vangeli, posteriori o contemporanee che siano), la figura del Figlio dell’uomo appare come un chiaro esempio di come il giudaismo sia la matrice del Cristianesimo e allo stesso tempo di come anche i Vangeli possono costituire una fonte per il giudaismo. Come osserva Boyarin, nei primi stadi del loro sviluppo, giudaismo e cristianesimo erano L’osservazione di Boyarin ci introduce alla problematica che sarà sviluppata nel prossimo incontro. Problematica che non si pone soltanto come “interazione”, ma più chiaramente come opposizione mondo ebraico/Vangelo di Matteo. Vorrei introdurla con una immagine, o meglio un versetto, che costituisce la conclusione del cosiddetto Discorso in Parabole (13:52). 2. Lo scriba e il tesoro (Mt 13:52) Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. Non c’è consenso sull’origine e il genere di questo versetto, inteso come un proverbio; un’affermazione “domenicale”; un detto tradizionalmente L’osservazione di Overman, comunque si voglia intenderla, Tuttavia, questo mi sembra andare molto al di là di quanto il testo stesso voglia dire, e soprattutto se, come già detto, consideriamo la difficoltà di determinarne l’origine e il genere. Nel prossimo incontro torneremo su questi problemi, a partire dallo studio di alcuni testi “problematici e controversi” presenti nel Vangelo di Matteo, alla luce sia delle acquisizioni degli studi più recenti sul rapporto tra giudaismo e cristianesimo sia degli sviluppi che dal Concilio Vaticano II in poi ha avuto la riflessione sul dialogo ebraico cristiano. Sempre a partire dal confronto con le Scritture. |
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