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Idolatria senza immagini - Il Secondo Comandamento e il culto dei nuovi idoli

 

16/01/2007: Don Michael P. Maier

 

Giornata dell’Ebraismo 20071. Prima di esprimermi in qualità di teologo cattolico sul Secondo Comandamento, trovo opportuno fare una fondamentale premessa: per i Cristiani il decalogo è vincolante esattamente come per gli Ebrei. Il compendio del “Catechismo della Chiesa Cattolica” al Nr. 438 afferma: “La Chiesa riconosce al Decalogo un'importanza e un significato basilari. I cristiani sono obbligati ad osservarlo.”

La Chiesa Cattolica conta le “Dieci Parole” in maniera differente, collegando il Secondo Comandamento con il primo e ricavandone un unico comandamento fondamentale. Ma non per questo esso ha un significato diverso per i Cattolici rispetto agli Ebrei: Entrambi adoriamo lo stesso Dio, e anche la tentazione di servire déi stranieri è uguale per tutti noi.

Fin dall’inizio la Chiesa è rimasta fedele a questa correlazione. Voglio solo citare uno dei Padri della Chiesa del secondo secolo, il filosofo Giustino. Questi era originario della Terra Santa, di Nablus, e conosceva benissimo il Giudaismo. Successivamente venne a Roma dove intorno al 165 conobbe il martirio. Egli amava dibattere con gli eruditi ebrei sulla corretta interpretazione delle Scritture. Una di queste discussioni ci è stata tramandata nel “Dialogo con Trifone” in cui Giustino sostanzialmente spiega: “Noi non pensiamo che il nostro Dio differisca dal vostro. È lo stesso che ha fatto uscire i vostri padri dall’Egitto »con mano potente e braccio teso«. Noi non riponiamo le nostre speranze in qualche altro dio (non ce ne sono!), ma nello stesso Dio in cui voi sperate, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe.

2. Prima di entrare nello specifico del Secondo Comandamento e del suo significato per il mondo di oggi, vorrei affermare che senza di esso il Cristianesimo non esisterebbe! Sì, il Cristianesimo in un certo senso è nato dal Secondo Comandamento.

Come mai posso asserire una cosa simile? Gesù quando aveva circa 30 anni (allora egli era un semplice falegname di Nazareth e del tutto sconosciuto) dovette prendere un’importante decisione: se porre la sua vita a servizio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe oppure se percorrere una strada propria e sfruttare le sue capacità per “fare carriera”.

I Vangeli narrano una storia su questo conflitto: Gesù va nel deserto e vi rimane a digiuno per 40 giorni. Qui viene indotto in tentazione da satana tre volte: egli dovrebbe trasformare i sassi in pane per placare la fame; dovrebbe gettarsi dal pinnacolo del tempio affinché gli angeli lo sorreggano, e infine dovrebbe prostrarsi davanti a satana perché questi lo renda padrone di tutti i regni del mondo. Sarebbe bastata una parola per renderlo l’uomo più potente e ricco del mondo!

Tuttavia Gesù riconosce la malignità insita in questa offerta e risponde da Ebreo credente: “Vattene, satana! Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo presterai culto” (Mt 4,10).

Citando le scritture Gesù vince il tentatore, satana deve allontanarsi da lui. Da questo momento egli può comparire pubblicamente e predicare che la malkhut hashamayim, il Regno di Dio ha inizio – perché egli stesso ha deciso di opporsi a satana scegliendo Dio come suo Signore!

3. La Bibbia ebraica contiene storie simili il cui tema centrale è la tentazione. Spesso vengono messi alla prova proprio coloro che hanno ricevuto una particolare vocazione: Abramo, il padre della fede, Davide, il più grande re di Israele, e Giobbe che insiste di non aver commesso nessun peccato. Secondo il libro del Deuteronomio, nel deserto Dio ha messo alla prova l’intero popolo di Israele “per riconoscere ciò che è nel suo cuore” (Dt 8,2).

Tutti hanno dovuto decidere se amare Dio davvero “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la forza” (Dt 6,5) oppure se mettere al primo posto qualcos’altro: nel caso di Abramo l’agognato erede maschio; nel caso di Davide il successo politico; nel caso di Giobbe i possedimenti, la salute e la consapevolezza di aver agito con giustizia.

Ciò indica che il Secondo Comandamento tocca le radici della vita umana. Prima o poi ogni credente viene posto di fronte alla decisione se amare Dio con tutto il cuore o solo parzialmente, se servire Lui o altri déi. E tali “déi” non sono semplicemente biechi e ripugnanti, se così fosse sarebbe facile riconoscerli e respingerli. Ma le forze e gli idoli che fino ad oggi rappresentano grandi sfide per la fede, appaiono al contrario del tutto decorosi, addirittura come guide sensate e caritatevoli. Essi corrispondono ad inclinazioni primordiali, ad istinti che fanno parte della natura umana: sessualità e riproduzione, autorità e potere, benessere e salute.

Queste forze sono parte integrante della nostra vita, ma allo stesso tempo rappresentano un pericolo per essa.

4. Per la festa di Natale sono stato in Tanzania, in Africa orientale. Lì mi hanno raccontato che una volta si catturavano le scimmie in questa maniera: si scavava l'interno di un albero formando un buco tale da permettere alla scimmia di infilarvi la zampa. Nella cavità veniva posta una noce di cocco.

La scimmia, vedendo la noce nel buco dell'albero, infila la mano con avidità per estrarla. A quel punto però la mano, stringendo la noce è troppo grossa e non può più fuoriuscire. La scimmia dovrebbe lasciare la noce, ma la sua avidità è così grande da non permetterglielo. Così resta imprigionata finché non muoia di sete o il cacciatore la uccida.

Ora si potrebbe pensare: ma questo non è possibile! Una scimmia non è mica così stupida. Essa dovrebbe capire che… Eppure la scimmia non ci pensa. E così accade spesso anche a noi. Quando afferriamo la propria noce di cocco (il lavoro dei sogni, il grande amore, il figlio ideale, la ricchezza, il benessere e molto altro ancora), allora molto difficilmente ce ne separiamo, anche se questa ossessione ci rende infelici.

Giornata dell’Ebraismo 2007La Bibbia conosce molto bene la situazione in cui l'uomo è talmente affascinato e ammaliato da un'idea che non riesce più a liberarsene, né tanto meno lo desidera. Il salmista ce lo illustra con le parole: “Moltiplicano i loro dolori coloro che corrono dietro a déi stranieri” (Ps. 16,4).

Un rimedio a questi dolori, ecco cosa sarebbe il Secondo Comandamento. Un rimedio però che non soffoca questi desideri, queste energie che, come abbiamo visto, fanno parte della natura umana. Bensì li controlla e li redime – non redime da essi, ma li redime, cioè libera noi dal loro assolutismo o tirannia e li inquadra nell’insieme, ponendo noi, l’uomo nel suo insieme, sotto una nuova Signoria.

5. Non è solo l’individuo a rischiare di diventare schiavo di qualche forza. Anche interi popoli possono prostrarsi davanti a nuovi idoli ed offrire loro grandi sacrifici. Lo abbiamo vissuto in maniera particolarmente tragica nel secolo scorso, quando in molti paesi, soprattutto nel mio paese natale, la Germania, vennero eretti altari ad idoli quali la “Patria”, la “Nazione”, e la “Razza”. Sofferenze incommensurabili travolsero il mondo e soprattutto il popolo ebraico. Non fu l’olocausto una conseguenza del fatto che l’occidente cristiano aveva dimenticato il Decalogo?

Nel nostro secolo sono comparsi altri idoli: la smisurata autodeterminazione dell’individuo, la pretesa di essere padroni della vita umana, l’esagerata fiducia nelle possibilità della tecnica. Naturalmente scienza e progresso, libertà e autonomia sono valori nobili e irrinunciabili. Ma che ne è di colui che ancora non può o non può più decidere per se stesso? Che cosa succede se la vita non è altro che un capitale dal quale ognuno ricava il più possibile per se stesso? Improvvisamente l’embrione, il disabile, l’anziano e il malato terminale diventano un peso e devono essere sacrificati a questi idoli.

Il singolo e la società moderna rimangono spesso impacciati di fronte a domande di questo genere. Il popolo di Dio, invece, possiede un bagaglio di esperienze acquisito in oltre 3000 anni. Esso conosce e sa distinguere gli istinti e le forze di questo mondo. E allo stesso tempo è capace di metterli in servizio a qualcosa di più grande: l’eros può aprirsi all’amore verso il prossimo, la ricchezza può aiutare i fratelli bisognosi, il potere politico può servire alla tutela della creazione, l’autorealizzazione può diventare lo stimolo per scoprire la vocazione dell’altro.
Tutti coloro che hanno scelto questa via possono testimoniare: compiere la volontà di Dio arricchisce la vita e non la impoverisce, la rende gioiosa e non tormentata, libera dalla schiavitù e non opprime.

6. Questa fu anche l'esperienza di vita di Gesù di Nazareth. Egli professò la Torà nella sua integrità, la mise in pratica ed insegnò agli altri a praticarla. Quando un giorno un uomo ricco gli si avvicinò e gli chiese cosa avrebbe dovuto fare per ottenere la vita eterna, egli rispose: "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti! " (Mt 19,17). E poiché all'uomo non bastava, Gesù aggiunse: "Và, vendi quello che possiedi … poi vieni e seguimi" (Mt 19,21). Con queste parole lo invita ad abbandonare l'idolo della ricchezza e a seguire la chiamata del Dio Liberatore. E allo stesso tempo gli offre una concreta forma di vita: la comunità dei suoi discepoli in cui i comandamenti possono essere realizzati insieme.

Nel corso dei secoli molti hanno avuto accesso alla Torah seguendo questa strada, soprattutto i goyim, i pagani. Essi si convertirono al Dio di Israele e riconobbero nei suoi comandamenti l’indicazione del cammino verso una vita riuscita.

Sin dall'inizio del suo pontificato, Papa Benedetto XVI ha sempre sottolineato il ruolo basilare del Dialogo per l'uomo di oggi. Nell’agosto del 2005, durante la sua visita alla sinagoga di Colonia dichiarò di fronte di fronte alla comunità ebraica ivi radunata: “Il Decalogo è per noi patrimonio e impegno comune. I dieci comandamenti non sono un peso, ma l’indicazione del cammino verso una vita riuscita. Lo sono in particolare per i giovani … Il mio augurio è che essi sappiano riconoscere nel Decalogo, questo nostro fondamento comune, la lampada per i loro passi, la luce per il loro cammino. Ai giovani gli adulti hanno la responsabilità di passare la fiaccola della speranza che da Dio è stata data agli ebrei come ai cristiani, perché "mai più" le forze del male arrivino al dominio e l e generazioni future, con l'aiuto di Dio, possano costruire un mondo più giusto e pacifico in cui tutti gli uomini abbiano uguale diritto di cittadinanza” (Colonia, 19 agosto 2005).

Secondo la mia opinione una giornata come l’odierna si situa in questa dimensione: ci ricorda la nostra responsabilità per un mondo tornato ad essere pagano. Per creare un’attraente alternativa al culto dei nuovi déi ci vorrà il comune impegno di ebrei e cristiani. In questo modo ci avvicineremo al giorno, annunciato e desiderato dai profeti, e di cui Sofonia disse: “Allora Io darò ai popoli un labbro puro perché tutti invochino il nome del Signore e lo servano spalla a spalla” (Sof 3,9).

 

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